La Bufala della fine del Mondo: Voglia di Apocalisse più della profezia Maya
Mille riti per un solo credo sotto il segno dell’irrazionale. Si moltiplica la passione per profezie e millenarismi E il 2012 si accende di un’antica e pagana vitalità
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“Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo” scriveva Marco Aurelio, con gli antichi filosofi stoici. I quali — al pari di Putin, ma con maggiore cognizione di causa — professavano la dottrina fisica della deflagrazione ciclica dell’universo, ma ammonivano anche a non credere alle superstizioni e alle profezie degli astrologi. Avevano peraltro a che fare solo con le credenze dei nostri maggiori greci e latini, talvolta con quelle importate dall’oriente egizio o caldèo. Mentre oggi, nel mondo globalizzato, all’indomani della catastrofe — questa sì apocalittica — delle fedi secolari e dell’esplosione — questa sì reale — della caotica neoreligiosità o neocredulità New Age, la disponibilità di miti e riti, superstizioni e profezie si è esponenzialmente moltiplicata.
Nel serbatoio dell’irrazionale globale fluttuano insieme gli oracoli sibillini e gli X-Files, gli ET e i Templari, l’Ombra del Ragnarok e il Terzo Segreto di Fatima. Le mura della Gerusalemme Celeste sognata da Giovanni a Patmos trascolorano nei cerchi dei mandala tibetani, il fuoco sacro zoroastriano si riaccende nei villaggi turistici del Messico. Nostradamus — già ampiamente saccheggiato sul crinale del Millennio — convive con le remote e ai più imperscrutabili dottrine astrologico-calendaristiche dei Maya.
Dalle Alpi alle Piramidi, dalle Centurie ai b’ak’tun, passando per la Fenditura del Cigno e il Centro Galattico, l’illusione del compiersi di un Magnus annus e di un rinnovamento del cosmo, di un Novus annus dies magnus, scorta l’umanità da sempre, dalla Quarta Ecloga di Virgilio agli inni dei pellegrini a Santiago di Compostela (Campus Stellae), alla Kosmische Musik elettronica dei Popol Vuh. Ma oggi la probabilità statistica di pescare una profezia apocalittica nella rete mondiale, di intercettare un mayday cosmico nel database della vulgata digitale soverchia le performance del mondo antico e i millenarismi del medioevo latino, bizantino e islamico, che, dopo l’anno Mille, si erano addensati intorno alla caduta di Costantinopoli, in quel 1453 di poco precedente — e non a caso — la scoperta dell’America e con ciò l’inizio del massacro delle civiltà precolombiane.
Il senso di colpa per le carneficine dei Conquistadores prima e dei pionieri poi ancora pesa, evidentemente e giustamente, sulla psiche collettiva non solo del vecchio mondo ma di tutti i suoi volontari o involontari sudditi, dal Medio Oriente alla Russia alla Cina, sempre più soggiogati dal modo di vita occidentale e dai suoi pervasivi vizi. L’aspirazione a una catarsi è giustificabile, dopo la distruzione non solo di antiche civiltà e popoli ma della natura stessa, e l’idea di una vendetta degli uni, ma soprattutto dell’altra, di una reazione di rigetto del pianeta agli abusi del progresso rimanda indietro come un boomerang gli ideali progressisti che avevano animato le non meno irrazionali fedi del secolo breve.
Nella storia dei millenarismi e delle apocalissi apocrife sarà ricordato come memorabile questo golem della comunicazione di massa nato dalle nozze tra la tecnologia dei nuovi media e la pandemia neoirrazionalista della secca postnovecentesca di credenze e di fedi; questo fenomeno mediatico cresciuto a spirale su se stesso, autoreferenzialmente, nel circuito del web, di laptop in laptop, di wifi in wifi, tra disinformazione spontanea di social network e testate opportunisticamente disposte, in tempi di crisi della carta stampata e beninteso nella libertà di espressione delle democrazie, a perpetrare in scala planetaria il reato (punito non a caso solo in paesi autoritari come la Cina) di procurato allarme.
E tuttavia “vivi ogni giorno come fosse l’ultimo” ne resta la chiave. Più ancora della paura, più ancora della fuga, a prevalere, in questo 21 dicembre di vigilia della fine, è stata una sana, apotropaica, pagana vitalità. Per un giorno la crisi economica, il declino dell’euro, lo spread, la tredicesima mancata, perfino lo stipendio perduto e i mali infiniti di cui la tv a ogni secondo ci informa e gli innumerevoli soprusi che quotidianamente patiamo si sono dileguati dinanzi all’antico precetto stoico. Dai rituali orgiastici della modella finita in copertina al New York Post e dei suoi molti emuli alla grande bouffe di Gerard Depardieu sui Pirenei, dai convegni post-hippy nelle isbe russe o tra le foreste dello Yucatan, nel giorno del solstizio, nella profonda notte dell’anno, gli abitanti del mondo hanno deciso di assaporare la vita in quello speciale modo che solo la vicinanza della morte permette. In questo, attraverso la falsità di un’ennesima credenza vana, si sono avvicinati all’unica, innegabile verità della condizione umana.