Silvia Ronchey

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Alla ricerca del sacro perduto: il filo religioso tra Oriente e Occidente

25/11/2017 Enzo Bianchi

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TTL - La Stampa

Siamo portati a pensare che i giornali quotidiani, incalzati dal ritmo sempre più frenetico delle notizie e dall’inarrivabile istantaneità della rete, difficilmente possano dedicar­si a una riflessione programmata e di ampio respiro, al di là di approfondimenti e commen­ti «a caldo» su fenomeni so­ciali portati alla ribalta della cronaca da eventi emotiva­mente coinvolgenti. 11 serio giornalismo d’inchiesta sa ancora guadagnarsi uno spazio significativo, mentre invece le tematiche degli «editorialisti» e i loro elzevi­ri da «terza pagina» paiono patire maggiormente il con­finamento e la parcellizza­zione in priorità dettate dall’incalzare dello scorrere quotidiano della vita. Per le riflessioni più ponderate esi­stono i libri, quando anch’essi non si rivelino una raccol­ta di «istantanee».
L’ultimo saggio di Silvia Ronchey - La cattedrale sommersa - va in direzione opposta. Paradossalmente si tratta di una raccolta di articoli scritti per un quoti­diano, ma «concepiti fin dal­l’inizio per dissipare i pre­giudizi o i malintesi ... oggi alimentati da una sconcer­tante semplificazione del passato nella nostra società nutrita di presente». Si, il percorso che Silvia Ronchey intraprende «alla ricerca del sacro perduto» è un’affa­scinante rilettura della di­mensione interiore propria di ogni essere umano che spazia dal Corano al «Bud­dha cristiano», dalle misti­che alle trasmigrazioni di simboli e riti, dall’idolatria alla venerazione per le ico­ne, da Dioniso al Cantico dei Cantici, dall’iconoclastia al­l’arte astratta. Scandagliare scritture sacre, miti e riti, personaggi e narrazioni, opere d’arte e letteratura del passato per interpretare il presente può apparire operazione troppo lenta e faticosa per la nostra socie­tà accelerata, eppure non vi sono scorciatoie per chi vo­glia essere consapevole di quanto la storia di guerre e convivenze, di scontri e con­fronti, di scambi commer­ciali e di saccheggi abbia plasmato non solo le nostre società ma anche il nostro modo pensarci e di pensare l’altro da noi.
La riflessione della Ron­chey, ordinario di Civiltà bi­zantina all’Università di RomaTre, fa tesoro di una rara conoscenza di testi apparte­nenti a mondi e culture di­verse d’oriente e d’occiden­te, eppure il lettore non si smarrisce nel dedalo di mondi che si intrecciano pri­ma ancora di essere stati de­scritti nella loro peculiarità: non di sincretismo, né di «in­differenza» infatti si tratta, bensì di capacità di cogliere l’elemento «religioso» (e quindi di connessione tra il sacro e il profano) che sotto­stà a tanti quotidiani modi pensare, di vivere e di essere di uomini e donne di ogni tempo. E la grande capacità dell’autrice di spaziare in universi contigui eppur di­versi nello spazio e nel tem­po apre a volte squarci di sorprendente attualità, co­me quando ci fa - ironica­mente? - notare che «la rivi­sta dell’Isis si chiama oggi Riuniva, il nome che ai tempi di Bisanzio l’islam dava a Costantinopoli.»


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