Storia di Barlaam e Ioasaf
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È un cammino davvero singolare quello su cui ci conducono Paolo Cesaretti e Silvia Ronchey con questo loro saggio. Stiamo per percorrere la Via del Deserto, la millenaria e ancora presente direttrice dell’Impero Bizantino che dai rilievi del nord della Mesopotamia, dai valichi di Amano vicino ad Alessandretta, dalla sponda orientale del Mar Nero attraverso il Caucaso, raggiunge le leggendarie distese di Sogdiana e Bactriana, fino in Afghanistan, in Pakistan e quindi in India. Da qui passarono gli accademici ateniesi della corte di Cosroe quando Giustiniano chiuse le Scuole filosofiche elleniche; da qui passò il sincretismo platonico e poi l’aristotelismo, il misticismo seguito dall’aniconismo giudaico e islamico, e ancora la musica e i libri antichi. Ma il percorso che seguono i due studiosi non si ferma qui, e si dirama su per la Via delle Steppe, dal delta del Danubio, attraverso l’Ucraina, lungo il Dnepr e poi navigando sulla Dvina Occidentale, fino al golfo di Riga, e costeggiando tutti i porti del Baltico. Non è finita: seguendo i fiumi continentali a nord dei Carpazi, ci fanno ridiscendere a Praga, e quindi da un lato troviamo le grandi capitali europee, dall’altro Bisanzio, la capitale dell’Impero: sono le vie delle grandi migrazioni germaniche e slave, dei Turchi, di Tamerlano e di Scanderberg, dei crociati di Varna, ma anche di Cirillo e Metodio. Il viaggio lungo il corso della storia bizantina è quello compiuto dal kitab Kamal-ad-din, libro secolare scritto dal dotto sciita Ibn Babuya e risalente al califfato fatimide, scomparso e poi rispuntato a Teheran in un’oscura officina tipografica nel 1883. Questo testo straordinario narra la versione islamicoismailita della storia del Buddha, introducendo un maestro eremita, Bilawhar, chiamando Buddha non col nome di Budasaf bensì di Iudasaf, e facendolo infine morire nel Kashmir. Da qui si diramano infinte altre storie giunte sino a noi attraverso i secoli, compresa l’illuminazione di Mirza Ghulam Ahmad, carismatico musulmano convinto d’essere l’ultimo messia, il quale interpretò il nome Iudasaf come Iuzasaf, ossia quel Yus Asaf iscritto in una cripta di tomba a Shrinagar nel Kashmir, e ritenendolo niente meno che appartenente a Gesù, solo svenuto sulla croce e portato in segreto dai discepoli sulle orme di Alessandro Magno sino in India. Qui, dopo una vita di predicazioni, il Cristo sarebbe morto appunto fra le case galleggianti di Shrinagar. Su queste strade polverose, dall’Oriente fino all’Europa, si sono avvicendate le traduzioni, le versioni, i codici medioevali e le stampe successive del libro, fino proprio a questa ultima e preziosissima edizione dei due autori e studiosi contemporanei, i quali svelano magistralmente ogni aspetto filologico, storico, e dottrinale del racconto, lasciandoci poi gustare il testo originale tradotto dalla stessa Ronchey. Nella “fiaba” c’è un principe da Mille e una Notte, un padre che per proteggerlo lo tiene avulso dal mondo, c’è un palazzo meraviglioso e incantato, ma c’è anche la trasgressione al divieto, il desiderio della conoscenza e la scoperta della vecchiaia, dei mali e della morte, c’è allora l’eroe e la sua ansia strana, la sua uscita dal palazzo per immergersi nella vita reale, fino all’incontro col suo precettore, l’asceta saggio con le cui parole il principe diventerà Buddha. E sono parole che magicamente riecheggiano quelle del Gesù che ben conosciamo, riavvolgendo il filo di seta srotolato secoli prima lungo tutte queste regioni misteriose.
Storia di Barlaam e Ioasaf – La vita bizantina del Buddha | Paolo Cesaretti – Silvia Ronchey, Einaudi | Nuova Universale Einaudi – 2012 | pp. 310 | euro 35,00