Quella sapienza orientale che per un millennio sedusse gli scrittori europei
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La versione bizantina della storia di Barlaam e Ioasaf ha tenuto a battesimo tutte le storie cristianizzate di Buddha. Redatta intorno al Mille, narra le vicende di Ioasaf, figlio del re dell’India Abenner, persecutore dei cristiani. Indovini profetizzano che dovrà un giorno governare il regno e mutarne la fede. Il re rinchiude in uno splendido palazzo il figlio, circondandolo di piaceri d’ogni specie: vuole sottrarlo a ogni nozione di peccato, malattie e morte; finché un giorno, uscito all’aperto, il giovane vede un lebbroso, un cieco e un vecchio e scopre l’esistenza della morte. Giunge allora al palazzo un anacoreta di nome Barlaam, dal quale apprende la dottrina cristiana, per lui nuova, e viene battezzato. Alla partenza di Barlaam, nonostante prove e ostacoli, Ioasaf persevera e converte al cristianesimo - anche grazie a una disputa pubblica - sia il regno che ha ereditato sia il padre Abenner. Alla fine il principe si fa eremita e raggiunge nel deserto il maestro Barlaam per condividere con lui l’ascesi. La narrazione fu diffusissima nel medioevo nelle culture d’Europa e d’Asia, e la nuova edizione italiana della versione bizantina, a cura di Paolo Cesaretti e di Silvia Ronchey, esce ora nella Nuova Universale Einaudi (“Storia di Barlaam e Ioasaf. La vita bizantina del Buddha”, euro 35) sulla base del testo critico pubblicato nel 2009 da L Robert Volk, che ha indotto i curatori a rivedere e accrescere la loro precedente versione (1980).
Professoressa Ronchey, nel suo ampio saggio introduttivo lei fa riferimento a Max Müller, lo studioso di fiabe che nel 1870 parlò a Londra di “Barlaam e Ioasaf”. Perché è importante?
«Max Müller contribuisce allo studio dell’origine della vita bizantina del Buddha ma, essendo scrittore, conferenziere, viaggiatore, uomo di mondo cosmopolita oltre che studioso, è il più affascinante e originale portavoce delle proprie conoscenze orientalistiche e di quelle dei suoi predecessori e colleghi. In quanto tale, lo considero uno dei protagonisti della storia di questa “storia delle storie” che è la vita del Buddha e del suo passaggio a occidente, che era tuttavia avvenuto ben prima, come illustro nel mio saggio».
Lei scrive che il “Barlaam e Ioasaf” “è seta lavorata a damasco”. Perché?
«C’è nel testo greco-bizantino un impalpabile, cangiante lavoro di tessitura di citazioni colte - letterarie, filosofiche, teologiche - dissimulate nell’impianto apparentemente elementare della storia del bodhisattva Ioasaf. Forse Eutimio non fu il solo a lavorarci: forse furono più d’uno ad alternarsi al telaio, in una gara di sapienza e bravura simile ad alcuni dei giochi di società praticati alla corte di Costantinopoli e nelle dimore delle sue cerchie intellettuali».