La crociata fantasma dell'ultimo Bizantino
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La tavola, dipinta su legno, è piccola: 58,4 centimetri x 81,5. Forse per questo è scampata, nell’Ottocento, alla razzia dei compratori d’arte francesi ed inglesi, rimanendo nel Palazzo Ducale di Urbino. Eppure attorno al significato della "Flagellazione" di Piero della Francesca hanno discusso fiori di storici dell’arte, cercando di individuare i personaggi e di svelare così «l’enigma di Piero». L’operazione è felicemente riuscita a Silvia Ronchey , docente di Civiltà Bizantina all’Università di Siena che racconta dell’«ultimo bizantino » e della «crociata fantasma nella rivelazione di un grande quadro » nel suo «L’enigma di Piero» (Rizzoli).
L’enigma è risolto?
«Credo che sia risolto l’enigma fondamentale del messaggio politico contenuto nella tavola. Piero racconta dell’estremo tentativo di salvare l’Impero bizantino dalla conquista turca.Un tema politico molto importante in quei decenni del ’400».
E’ lo specchio di un fallimento...
«Direi che i piani di lettura della "Flagellazione" sono molteplici. C’è un messaggio che definirei elitario, rivolto ai grandi intellettuali che, a quell’epoca, erano anche attori veri della politica. Ove si esprime un pessimismo di fondo sulla possibilità vera dell’agire umano sulla storia. E’ l’alone di sconforto, pessimismo, cupezza che emerge. Mac’è un controcanto all’esortazione politica, all’agire. Ottimismo della volontà, pessimismo della ragione ».
C’è poi il piano esoterico, che lega Piero al Tempio Malatestiano di Rimini, alle Accademie Platoniche.
«C’è una chiara impronta nel quadro: elementi matematici, armonie prospettiche, piani di lettura. Credo anche cabale numerologiche che andrebbero ancora studiate ».
In realtà il protagonistaprincipale del quadro è Bessarione, l’unico religioso bizantino che diventa cardinale cattolico. Una sorta di Richelieu dell’epoca.
«Un grande intellettuale che gioca su tutti i tavoli pur di salvare Bisanzio. Si fa cattolico restando, in sostanza, ortodosso. Testimoniandolo con l’aspetto esterno, ma soprattutto con la sua presenza politica nelle Corti rinascimentali. Non era un convertito vero, era un leader di Bisanzio».
Il suo tentativo di riunire il soglio di Pietro ed il titolo di Costantino fallisce...
«E la Flagellazione ne è il simbolo: con il sultano che guida i flagellatori, l’imperatore che assiste impotente e con i tre personaggi in primo piano, di cui uno è sicuramente Bessarione. Il quale, nonostante non riesca a salvare Bisanzio, che cade nel 1453 in mano ai turchi, trova il modo di lasciare l’eredità di questo impero multietnico durato undici secoli. E lo fa affidando la chiesa ortodossa e l’eredità giuridica di Bisanzio al nascente impero russo attraverso il matrimonio dell’ultima erede».
Se Bessarione avesse raggiunto il suo obiettivo...
«Avremmo avuto una storia diversa, un’Europa completamente diversa. L’attualità di quelle vicende è sotto gli occhi di tutti. Non a caso ho paragonato la caduta di Costantinopoli alle Torri gemelle».
Invece Bisanzio è stata quasi rimossa dalla cultura occidentale...
«Vero, di qui la difficoltà di capire la tavola che Bessarione probabilmente portava con sé, fino a lasciarla, poco prima della morte, a Federico da Montefeltro».
Sigismondo Malatesta e Federico sono tra i grandi protagonisti del libro...
«Bessarione era riuscito, con il matrimonio di Cleopa con Teodoro ad imparentare la dinastia dei Paleologhi con iMalatesta e di conseguenza il pontefice e molte signorie italiane. La bellissima principessa pesarese-riminese lottò in tutte le maniere per sopravvivere e per portare avanti questi disegno, fino alla morte, così improvvisa da far sorgere sospetti, soprattutto perché nell’orazione funebre di Bessarione si dà l’idea di un possibile erede...».
Eppure Bessarione affida a Federico da Montefeltro l’altro suo tesoro: la sua sterminata biblioteca, destinata a finire a Venezia. Nonostante il Duca di Urbino sia il principale oppositore politico alla crociata fantasma di Sigismondo e del Papa.
«Lo fa perché è un uomo di grande cultura, che copia di suo pugnomolti testi antichi. E’ un politico capace e sa benissimo che Federico è un principe illuminato, ma anche capace di tenere testa alla Curia romana. In realtà Bessarione toglie tutto al nuovo pontefice: l’eredità politica di Bisanzio che va in Russia, la capacità di riassorbire lo scisma ed anche i suoi libri, l’altro suo tesoro, che attraverso Urbino finiscono alla Repubblica di Venezia».
Mentre la piccola tavola in legno di Piero rimane al Duca di Urbino...
«Proprio così...».