Quell'11 settembre di 500 anni fa
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Ci voleva una storica bizantinista come Silvia Ronchey per sciogliere l’enigma di uno dei quadri più studiati del ’400, la Flagellazione di Piero della Francesca, che racconta l’ultima rovinosa crociata per salvare Costantinopoli, caduta in mano ai turchi nel 1453. Il Cristo flagellato, secondo l’autrice, che ha dato un nome a tutti i personaggi, rappresenta Bisanzio, allora assediata dai musulmani. A sinistra, il sultano turco assiste alla scena, mentre in Ponzio Pilato si cela l'imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo. Le tre figure sulla destra rappresentano i protagonisti di quel fallimento.
Un quadro incomprensibile per noi ma chiarissimo nel '400.
«Nella metà del ‘400 la realtà era evidente e lo è stata per tutto il Medioevo. Bisanzio era l’America, la cultura dominante, il paese forte e ricco, il punto di riferimento della civiltà, la potenza egemone. Nel momento in cui cade Costantinopoli, si scatena un’emozione paragonabile a quella dell'11 settembre».
E tutta quest'emozione nel quadro è presente?
«Certo, e i contemporanei la capivano, ma poiché la storia è scritta dai vincitori, dopo il fallimento del tentativo di riprendersi Costantinopoli, se ne perde la memoria».
Si può dunque dire che la Flagellazione è il manifesto del mancato ricongiungimento tra Roma e Bisanzio?
«Sì, per questo il quadro ha un alone luttuoso. È un manifesto del pessimismo della ragione unito all’ottimismo della volontà. Il manifesto della paralisi umana di fronte alla storia».